Fisica sotto al Gran Sasso: intervista a Nicola Rossi

Scritto da il Maggio 27, 2025

Nel profondo della montagna, a circa 120 km da Roma, tra l’Aquila e Teramo, sorgono i Laboratori Nazionali del Gran Sasso, uno dei centri di ricerca sotterranei più grandi e importanti al mondo. In questo luogo così unico, gli scienziati, protetti da oltre 1400 metri di roccia, esplorano i misteri dell’infinitamente piccolo grazie a esperimenti all’avanguardia nel campo della fisica nucleare e delle particelle elementari. Per saperne di più su questo straordinario centro di ricerca, ci siamo rivolti a Nicola Rossi, fisico abruzzese e responsabile locale dell’esperimento Borexino, un progetto internazionale dedicato allo studio dei neutrini solari, durato più di 30 anni che ha coinvolto oltre 300 ricercatori e tecnici da 11 paesi diversi, contribuendo in modo significativo alla nostra comprensione delle reazioni nucleari che avvengono all’interno del Sole.

Dr. Nicola Rossi potrebbe parlarci in generale dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso?

I Laboratori del Gran Sasso sono uno dei laboratori sotterranei più grandi al mondo, la superficie totale delle tre sale sperimentali supera l’ettaro, ovvero oltre 10 mila metri quadrati. È un volume enorme dentro la montagna che si divide essenzialmente di tre grandi sale, che sono lunghe un centinaio di metri, larghe e alte una ventina di metri. In questi spazi ospitiamo attualmente una quindicina di esperimenti insieme a diversi piccoli progetti che si alternano nel tempo: alcuni sono in fase di costruzione, altri stanno terminando la loro attività e altri ancora sono attivi in presa dati.

Principalmente che cosa studiate?

Studiamo principalmente i neutrini e le ipotetiche particelle di materia oscura, dove entrambe hanno la caratteristica comune di avere una probabilità molto bassa di interazione. E quando interagiscono rilasciano energie molto basse, quindi sarebbe impossibile riuscire a rilevarle nell’ambiente esterno.

Perché proprio sotto la montagna? Cosa rende speciale questo luogo di ricerca?

Perché dobbiamo ridurre il rumore soprattutto dovuto alla radiazione cosmica. La nostra atmosfera è bombardata da nuclei principalmente di idrogeno e una piccola frazione di nuclei più pesanti, che sono prodotti da eventi catastrofici dallo spazio, come esplosioni da supernove. Queste particelle quando impattano nell’atmosfera da una quota di circa 10 km producono una doccia di particelle secondarie e la maggior parte di queste è assorbita dall’atmosfera stessa, ma una parte arriva a terra e ci vogliono centinaia di metri e chilometri di roccia per fermarli. Sotto la montagna questo disturbo è notevolmente ridotto proprio per questo possiamo ospitare esperimenti estremamente sensibili che vanno a cercare processi rari, dove sarebbe impossibile vederli nell’ambiente esterno.

È stato responsabile locale dell’esperimento Borexino, questo progetto studiava i neutrini dal Sole. Ci può spiegare cosa sono i neutrini e come si sono rilevati?

I neutrini sono particelle elementari prive di carica elettrica e dotate di una massa estremamente piccola. Ne siamo continuamente attraversati, in quantità impressionante. Per dare un’idea: se puntiamo il pollice verso il Sole, in un solo secondo sarebbe investito da circa 60 miliardi di neutrini. Una doccia enorme! Queste particelle riescono ad attraversare spessori di materia enorme senza praticamente mai interagire. La Terra stessa è trasparente per un neutrino. Con l’esperimento Borexino abbiamo studiato proprio i neutrini solari, quelli che vengono prodotti dalle reazioni di fusione nucleare che avvengono nel cuore del Sole. Borexino era un’enorme sfera, circa 13,7 metri di diametro, conteneva più di mille tonnellate di un scintillatore organico estremamente radiopuro, un idrocarburo purificato a dei livelli record. Quando un neutrino interagiva con questo materiale veniva emessa una piccola quantità di luce che poteva essere rilevata e analizzata.

Come è nato il suo interesse per la fisica?

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Già da quando ero piccolo mi piacevano le materie scientifiche, ma la scintilla è arrivata negli anni ’80, quando vidi su Rai 1 una fiction intitolata “I Ragazzi di via Panisperna”. Raccontava la storia del gruppo di fisici guidati da Enrico Fermi, attivi a Roma tra la prima e la seconda guerra mondiale. Lavoravano in via Panisperna, poi in seguito si spostarono alla Sapienza. E da lì gettarono le basi della fisica nucleare moderna. In fondo, noi fisici, siamo tutti un po’ eredi di questa scuola scientifica. Questo sceneggiato mi affascinò moltissimo, e da allora, ero ancora alle elementari, decisi che avrei studiato fisica.

Che consiglio darebbe ai giovani studenti che vorrebbero intraprendere la carriera della ricerca scientifica?

Se ci tengono davvero, devono provarci, anche se il percorso può presentare delle difficoltà. La passione e la volontà alla fine premiano. È importante metterci l’impegno, la fisica non è una materia facile e richiede anche una buona preparazione matematica, perché è il nostro linguaggio. La carriera nella ricerca non è immediata, dopo la laurea c’è il dottorato di ricerca, che dura tre anni, e poi il cosiddetto precariato con contratti a tempo determinato. Bisogna prepararsi ai concorsi e avere pazienza, ma le opportunità esistono. Molti colleghi, inoltre, trovano occasioni anche all’estero, forse a volte persino migliori e questo apre prospettive molto interessanti.

Articolo di Andrea Angelucci

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