La trama fenicia: ancora Wes Anderson tra dubbi e certezze

Scritto da il Giugno 1, 2025

Scena dal film La trama fenicia di Wes AndersonQuante volte ci si può trovare, discutendo, a quello stallo: quel punto di non ritorno per cui il fuoco incrociato delle opinioni contrastanti lo si – per stanchezza, per noia o perché è tardi – volontariamente infrange sull’impenetrabile scudo di un “i gusti non si discutono”? Di certo tante, e forse anche troppe, inoltre, le formule sono varie e variegate: “i gusti non si discutono”, “i gusti sono gusti”, “il bello è relativo/soggettivo”, “non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace” e così via.

Si può essere d’accordo o meno, certo, si può dire che la cultura educa il gusto e che, in assenza di essa, l’opinione risulti meno solida; si può dire però anche il contrario, ossia che l’eccesso di informazioni e conoscenza riguardo un dato argomento o oggetto culturale vizi il giudizio finale al pari delle passioni, delle esperienze ecc.

Indubbiamente – nel cinema almeno – l’eterno scontro s’è giocato, si gioca, e sempre si giocherà, tra chi sostiene il bello come valore empirico, riscontrabile, “datificabile” in formule e sistemi e chi, al contrario, appone la soggettività dell’esperienza, dei trascorsi, delle inferenze al di sopra di qualsiasi giudizio che si faccia spocchiosamente beffe del relativismo…bene.

Per quanto – e come spesso accade – la verità si trovi di certo nel mezzo, oggi ci concentriamo su La trama fenicia (The Phoenician Scheme, 2025), ultima fatica della oramai quasi trentennale carriera nel lungometraggio del regista statunitense Wes Anderson, film che più che mai – tra gli schieramenti pocanzi enucleati – consegna direttamente la ragione nelle mani dei rappresentanti del secondo.

Reduce da una incomprensibile partecipazione al Festival di Cannes (oltretutto, nella più prestigiosa sezione del concorso ufficiale per la Palma d’oro), il film racconta la storia del celebre, praticamente senz’anima e apparentemente immortale magante internazionale Zsa-zsa Korda (un eccellente, inquietante, riflessivo e comico Benicio del Toro) che, scampato all’ennesimo attentato alla sua vita – in un disastro occorso al suo jet privato – , tenta di ricucire i rapporti con sua figlia Liesl (una dimenticabilissima Mia Threapleton, seppur quasi esordiente in una grande produzione), promessa suora del convento in cui finì anni e anni prima per conseguenza della morte di sua madre (e moglie di Zsa-zsa) avvenuta in circostanze che, a distanza di anni, rimangono ancora tutte da chiarire. […]

Ma ora la carriera di Zsa-zsa è a rischio, così come la sua vita, e a rischio c’è anche la buona riuscita della trama. I protagonisti partono quindi per un viaggio lungo varie regioni della Fenicia, con lo scopo di incontrarne contabili, proprietari, re ed investitori, ricalibrare i termini dell’accordo e assicurarsene la buona riuscita.

Nel riassumere una trama, in fase di giudizio, analisi o recensione, consuetudine vuole che si passino in rassegna un po’ tutti quelli che, all’interno della narrazione, appariranno in quanto personaggi “importanti” mentre, nella sinossi che avete appena letto, se ne contano appena tre.

Questo perché – da oramai circa sei film, e da più di vent’anni – i film di Anderson mettono in seria difficoltà chiunque cerchi di compiere su di essi un’operazione del genere: Tom Hanks, Benedict Cumberbatch, Scarlett Johansson, Willem Dafoe, Bryan Cranston, Riz Ahmed, Jeffrey Wright, Mathieu Amalric, F. Murray Abraham, Charlot Gainsbourg e, ovviamente, l’immancabile e irrinunciabile Bill Murray – che qui interpreta niente di meno che Dio – non sono neanche tutti i grandi nomi […]

Un tripudio di soldi, di colori per le magnifiche scenografie di Adam Stockhausen e Anna Pinnock, per la solite azzeccate musiche di Alexandre Desplat e per gli oramai celebri capolavori da indossare della nostra tre volte premio Oscar Milena Canonero. Insomma, il solito Wes Anderson. Ancora, ancora e ancora.

Ecco che torniamo, dunque, alla nostra trattazione iniziale: La trama fenicia è effettivamente il solito Wes Anderson ma, per quanto la frase risulti univoca e definitiva, l’esperienza che questo film potrebbe offrire allo spettatore varia in almeno due modi e per almeno due tipi di spettatore.

Per chi di questo autore ha visto tutto – cortometraggi inclusi – , per chi lo conosce e lo segue dai suoi brillanti esordi (dagli sfavillanti Rushmore, I Tenenbaum, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Fantastic Mr. Fox, Moonrise Kingdom e Grand Budapest Hotel) sarà impossibile non chiedersi quanto questa simmetria ossessiva […]

Al contrario, probabilmente, per lo spettatore che dovesse trovarsi di fronte alla sua prima esperienza col cinema dell’autore, tutto apparirà nuovo e sgargiante, quasi avanguardistico, in un mondo che sa di antico, di puro, tanto nella bontà quanto nel male e nell’assenza di umanità […]

Di nuovo Wes Anderson mette in piedi il suo spettacolo di marionette. Lo fa prendendo di mira gli oscuri traffici che i vari esponenti del turbo capitalismo hanno operato alle spalle della storia […]

Sempre tornando alla riflessione iniziale, la verità si ribadisce nel centro: La trama fenicia non è un film brutto, certo, ma neanche bello o davvero interessante.

La trama fenicia è uno di quei film che li si apprezza, ma li si apprezza la domenica pomeriggio, satolli e straripanti del pranzo appena consumato […]

Allo spettatore avveduto non andrebbe altrettanto bene: gli occhi non si riempirebbero dei consueti colori andersoniani ma di solo rosso rabbia, il giallo-verde della bile […]

Articolo di Federico Di Renzo

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